mercoledì 28 ottobre 2009

ASSESSORA?


Assessora?

Caro Direttore
ogni tanto dalla Faenza dove vivo mantengo i contatti con gli amici di Ferrara e spesso lo faccio proprio grazie a Estense.com.
Oggi voglio esternare una reazione antifemminista (che non significa maschilista, anzi!), indotta dalla lettura di un manifesto dell’Associazione Femminile Maschile Plurale, celebrativo del centenario di Simone de Beauvoir.
Bene, nella presentazione della scaletta degli interventi si parla dell’assessora X e dell’assessora Y. Capisco bene che si vuole mettere in evidenza il ruolo femminile, ma questo scempio grammaticale e filologico secondo me non fa altro che mettere in evidenza e perpetrare il di là da venire riscatto della donna. Mai come in questo caso la forma è sostanza.
Perché stravolgere un sostantivo, che si riferisce alla condizione umana nel senso generico appunto di “homo” (indifferentemente maschio o femmina) e non necessariamente alle esclusive condizioni di “vir” o “foemina”?
Mi viene in mente l’amico Verri quando, rivolgendosi in consiglio provinciale alla collega Brunella Lugli con il termine “consigliere”, si è beccato una risentita reprimenda per non averla chiamata “consigliera”. Continuo a pensare che proprio in questo secondo caso avrebbe semmai davvero mancato di rispetto alla collega: inventarsi a tutti i costi un termine femminile che non esiste equivale infatti a mettere in evidenza una condizione di presunta marginalità o peggio il mantenimento di un ghetto.
Ma purtroppo in questi giorni assistiamo sempre più frequentemente a termini come ministra, avvocata, diacona e chissà dove andremo a finire. Passi per i cacofonici maestra o professoressa o dottoressa, invalsi nell’uso comune fin dalla notte dei tempi, ma ormai dovrebbe bastare.
Speriamo che l’affrancamento della donna proceda davvero speditamente, non ostante tutte le diavolerie che le femministe dure e pure escogitano per rallentarlo.

Ing. Aldo Scapoli

Fonte: estense.com

10 commenti:

  1. Egr. Ing. Scapoli

    Esiste un "triste" caso anche nel nostro piccolo Comune di Berra, di influenza "asinina"

    RispondiElimina
  2. nemmeno chi ha postato questo articolo, seppur riprendendo principi etimologigi, na ha capito il significato! povera italia! vi consiglio di lasciar perdere questi interventi, altrimenti scadrete ancor di più nel ridicolo!

    RispondiElimina
  3. w le donne....

    RispondiElimina
  4. risposta per chi ha bvoglia di leggere.....

    Linguaggio di genere

    Due obiezioni che vengono spesso fatte quando si propone di usare il linguaggio di genere sono che le parole suggerite sono ridicole, che sono scorrette e che sconvolgerebbero la lingua italiana.

    Risponderò punto per punto, anche se molto schematicamente e semplicemente, a queste obiezioni. Quello che dirò non è affatto nuovo ma a quanto pare "repetita non iuvant" ed è necessario ricominciare sempre da capo tra il disinteresse quasi generale da una parte e il rifiuto di molti e, ahimè, di molte dall'altra.




    Sindaca, pretora ecc. vengono considerate ridicolissime, ma non vedo perché dovrebbero essere più strane del corrispondente maschile. Il motivo è che, avendo avuto in passato poche o nessuna sindaca, ministra e pretora, non era stato necessario usare il femminile e perciò non c'è l'abitudine a sentirlo e le prime volte suona strano, quasi sgradevole. Più verrà usato, più diventerà comune e non susciterà più alcuna reazione.

    RispondiElimina
  5. Chi poi dichiara che le parole proposte sono grammaticalmente scorrette evidentemente non conosce la grammatica. Quello che è veramente scorretto è usare l'articolo o l'aggettivo maschile per un nome femminile e viceversa (es: la sindaco, il direttore Maria Bianchi). Mentre è pleonastico aggiungere donna per specificare (es: scrittrice donna). Il femminile più corretto per la maggior parte delle parole è in -a, quello in -essa è stato usato quasi sempre in senso derisorio (es: deputatessa, vigilessa) e rimane accettabile se è ormai entrato nell'uso senza alcun intento peggiorativo (es: professoressa); molte parole hanno il femminile in -ice ed è ugualmente corretto come la forma in -a (es: direttrice, autrice) e inoltre non ha né ha avuto intento peggiorativo; altre parole sono uguali al femminile e al maschile (parole epicene) ed è sufficiente anteporre l'articolo corretto (es: la presidente, la vigile, un'artista, un'atleta), per analogia si dovrebbe usare l'articolo femminile per le parole inglesi usate in italiano (es: la premier, la tutor).
    In certi casi l'obiezione che viene fatta è che il femminile può creare confusione, ma non si vede perché una persona che fa l'editrice dovrebbe essere confusa con una ditta o una tecnica informatica o di laboratorio diventare una tecnica astratta quando è una tecnica in carne ed ossa. Quante volte è dal contesto che capiamo di che cosa si sta parlando, perché dovrebbe essere così difficile solo in questo caso?

    RispondiElimina
  6. In alcuni casi sono le stesse direttrici, avvocate, presidenti a pretendere il titolo al maschile come se questo desse maggior prestigio. Non voglio infierire, per solidarietà di genere, quindi mi limito a constatare che se siamo ancora a questo punto è segno che c'è ancora molta strada da fare.




    Da quel che precede si vede benissimo che il cosiddetto "linguaggio di genere" non è chissà quale nuovo linguaggio ma semplicemente un uso corretto della lingua italiana che viene ben di più e ben più spesso stravolta in altri modi: con l'uso smodato di termini che diventano di moda e tutti utilizzano a proposito e a sproposito come fanno anche con parole straniere di cui ignorano il significato. Un esempio per tutti è l'uso e abuso di "intrigante" preso pari pari dall'inglese anche se in italiano non significa coinvolgente ma si riferisce a una persona che tesse intrighi. D'altronde non c'è da meravigliarsi per questo vezzo se persone di professione traduttrici usano "apologetico" invece di "in tono di scusa".




    Infine, rispondo all'ultima obiezione: la lingua è un organismo vivente che si evolve e non si può imporre. In primo luogo, imposizioni non ce ne sono state ed è improprio il confronto con le norme fasciste: lì si trattava di vietare od obbligare, qui si tratterebbe di abituare all'uso di forme più corrette grammaticalmente e politicamente. La lingua si evolve, appunto, e si dovrebbe evolvere come si evolvono gli esseri viventi e come si evolvono i costumi. Non può rimanere come l'hanno creata nella notte dei tempi e come è stata tramandata, non può non riflettere un auspicabile miglioramento nelle relazioni umane. Ma un'evoluzione ci sarà veramente e rapidamente solo se quelle che sono delle evidenti storture del linguaggio che riflettono storture delle mentalità verranno gradualmente sostituite ed entreranno a far parte del comune sentire.

    RispondiElimina
  7. luciana tufani,fonte estense.com

    cara luciana... Esiste un "triste" caso anche nel nostro piccolo Comune di Berra, di influenza "dei polli...o dei maiali?"! non saprei distinguere...

    RispondiElimina
  8. lalingua italiana si evolve...per esempio a scuola ci hanno sempre insegnato che bisogna dire e scrivere "cancellare" (non "scancellare"). Contrariamente a quanto ritengono alcuni insegnanti e a quanto riportano alcuni dizionari grammaticali, la forma "scancellare" è correttissima perché la ‘s' dà alla parola un valore intensivo come in “sbattere”, “stirare”, “sgocciolare”, “scacciare”, “svuotare” eccetera. Alcuni ritengono, erroneamente, che la ‘s' dia, invece, solo un valore negativo: in altri termini “scancellare” sarebbe addirittura il contrario di “cancellare” e fanno l'esempio di “piovere” e “spiovere”. Ma, a parte, queste disquisizioni su scancellare o cancellare, cosa c'entra il cancello da cui il verbo deriva? E' presto detto. Cancellare (o scancellare) viene dal latino e significa “inferriare”. Scancellare uno scritto significa, dunque, farvi sopra dei segni a mo' di cancello per renderlo illeggibile.

    RispondiElimina
  9. assessore: dal latino assessor, assidere, sedere a fianco. Se si prende un vocabolario di latino si scoprirà che può essere declinato anche al femminile; bisogna proprio farci l'abituine...oppure essere preparati a cambiamenti non solo culturali ma anche linguistici. chissà se i "conservatori" ne saranno capaci?

    RispondiElimina
  10. anche l'aggettivo "famigliare", da sempre considerato così scorretto, ora è una forma contemplata dal vocabolario..così il sintagma "se stessi" si scrive correttamente senza l'accento sul "sè" ma ora viene accettato anche nella forma "sè stesso"..quindi...vi prego...come al solito, non fossilizziamoci. Se una assessora preferisce essere chiamata così ne ha tutto il dirirro come la Carfagna viene chiamata ministra...però mi sa che con quella non fareste tante storie... fate tanta fatica a cambiare una "e" con una "a"? o è come sempre una questione che rientra nelle vostre radicate "questione di principi"...?

    RispondiElimina